Il decreto RENTRI (Registro Elettronico Nazionale per la Tracciabilità dei Rifiuti), pubblicato i primi giorni di giugno nella Gazzetta Ufficiale (ai sensi dell’art. 188 – bis del D. Lgs 152/2006, decreto 4 aprile 2023 n.59), prevede la digitalizzazione della documentazione legata ai rifiuti (FIR, MUD, registri di carico e scarico).

Un’azione necessaria in un mondo sempre più digitalizzato, che si pone l’obiettivo minimo di introdurre una sorta di digitalizzazione del sistema di tracciamento dei rifiuti, in un contesto basato su modelli cartacei.

Questo strumento sarà realizzato e gestito direttamente dal Ministero della Transizione Ecologica, ed al suo interno dovrebbe includere la gestione digitalizzata del Registro di carico/scarico, dei Formulari di identificazione dei rifiuti e del MUD.

Nonostante questo passaggio rappresenti un passo avanti verso la semplificazione, rimane lacunoso il sistema di tracciamento dei rifiuti, in quanto non sono previsti nuovi ed effettivi criteri di tracciabilità, né si prevedono nuovi adempimenti a carico di produttori, trasportatori ed imprese di trattamento.

La tracciabilità dei rifiuti

La fase del trasporto dei rifiuti rappresenta, infatti, uno dei punti più critici della politica europea dedita al settore, la quale ha ribadito più volte la necessità di un controllo capace di prevenire la dispersione nell’ambiente di questi e gli atti criminosi attuati in materia.

La stessa direttiva 2008/98/CE prevede che gli Stati membri adottino “misure necessarie affinché la produzione, la raccolta, il trasporto, lo stoccaggio ed il trattamento dei rifiuti pericolosi siano eseguiti in condizioni tali da garantire la protezione dell’ambiente e della salute umana”, tra cui rientra la tracciabilità del rifiuto, dalla produzione alla destinazione finale, con particolare attenzione ai rifiuti pericolosi.

Operatività del RENTRI ed integrazione FIR e registro 

Esaminando attentamente i 24 articoli ed i tre allegati che compongono il Decreto 59, si noterà sicuramente la novità più rilevante, che prevede l’integrazione tra i registri cronologici di carico e scarico con i FIR.

I registri, in particolare, dovranno essere redatti dagli operatori a partire dalla data di iscrizione al Rentri, in modalità digitale, con vidimazione digitale mediante l’assegnazione di un codice univoco dal servizio di vidimazione delle camere di commercio tramite apposita applicazione informatica.

Questa documentazione dovrà essere messa a disposizione dall’operatore , che dovrà assicurarne il corretto funzionamento e la riproduzione in originale, per gli usi consentiti alla legge.

Inoltre, anche i nuovi FIR (art.7) prevederanno un formato digitale e potranno essere esibiti tramite dispositivi mobili, al fine di agevolare i controlli su strada durante il trasporto, e comunque accompagnati da una stampa del formulario digitale.

I nuovi modelli di registro cronologico di scarico e carico dei rifiuti ed il formulario d’identificazione saranno comunque applicati a partire dal 15 dicembre 2024, e, in ogni caso, i produttori di rifiuti non iscritti al Rentri manterranno il formulario di identificazione del rifiuto in formato cartaceo.

Infatti, il RENTRI prevede una partecipazione a scaglioni, con un ampio periodo transitorio, con adesioni programmate in un arco temporale che varia dai 18 ai 30 mesi dall’entrata in vigore del regolamento, a seconda delle dimensioni delle aziende.

Fase transitoria considerata dagli addetti ai lavori, portatrice di ulteriore confusione, come già accaduto con il predecessore “Sistri”, decreto mai entrato in vigore, e poi abrogato 9 anni dopo la sua ideazione.

Le criticità del decreto Rentri

 Sopra indicate vi sono le principali novità del nuovo decreto su base informatica, ma ne emergono alcune criticità, come, per esempio, come funzionerà esattamente, quali siano le parti coinvolte, o chi sia tenuto ad iscriversi al Rentri, in quanto l’art. 12 del decreto prevede l’obbligatorietà per:

  1. a) gli enti e le imprese che effettuano il trattamento dei rifiuti;
  2. b) i produttori di rifiuti pericolosi;
  3. c) gli enti e le imprese che raccolgono o trasportano rifiuti pericolosi a titolo professionale o che operano in qualità di commercianti ed intermediari di rifiuti pericolosi;
  4. d) i Consorzi istituiti per il recupero e il riciclaggio di particolari tipologie di rifiuti;
  5. e) i soggetti di cui all’articolo 189, comma 3, del decreto legislativo n. 152 del 2006, con riferimento ai rifiuti non pericolosi.

I dubbi riguardano soprattutto la lettera “E”, che sembra voglia circoscrivere l’obbligo solo alle aziende produttrici di rifiuti non pericolose tenute alla redazione del MUD annuale (modelli Unici Ambientali);

Ulteriori dubbi nascono dalla stima rilevata dal MASE che prevede che saranno circa 1.200.00 i liberi professionisti che si iscriveranno al RENTRI, anche se i dati ufficiali in possesso di Ispra, ne prevedono un terzo. Saranno dunque di più le figure professionali coinvolte?

Vedremo con il tempo se e come il nuovo sistema di gestione digitale funzionerà e se sarà necessario apportare modifiche ed opportuni cambiamenti.