Prosegue il proprio iter il regolamento europeo sugli imballaggi, nonostante le critiche (soprattutto italiane), proposto il 30 novembre 2022 dalla Commissione europea, che vede protagonista principale la revisione della legislazione comunitaria sugli imballaggi e sui rifiuti che ne derivano, e che ha come obiettivi principali:

  • la riduzione della produzione di rifiuti da imballaggio del 15% pro capite entro il 2040, rispetto al 2018, potenziando iniziative di riciclo e riutilizzo;
  • rendere tutti gli imballaggi riciclabili entro il 2030;
  • introdurre tassi vincolanti di contenuto riciclato da inserire nei nuovi imballaggi in plastica.

L’iniziativa si inquadra all’interno del Green Deal europeo e del piano d’azione per l’economia circolare, già avanzato nel febbraio 2021 dal Parlamento europeo, che chiedeva la riduzione degli imballaggi eccessivi, un migliore riciclaggio, il potenziamento del riutilizzo e l’eliminazione graduale delle sostanze nocive.

In otto pagine, la valutazione d’impatto preparata per la commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare (ENVI) del Parlamento europeo, aiuta a comprendere maggiormente il contesto in cui si sviluppa la necessità dell’aggiornamento normativo, fornendo un’ampia analisi per valutare rischi e potenzialità di un provvedimento ormai necessario.

Nello stesso documento è stato stimato che nel 2018 il fatturato della produzione di imballaggi generato dall’Unione Europea è stato di circa 355 miliardi di euro, con il packaging che è uno dei principali utilizzatori di materiali vergini (40% plastica e 50% della carta utilizzata nell’Ue è destinata agli imballaggi) e rappresenta il 36% dei rifiuti urbani; questo ha permesso d’individuare tre aree problematiche su cui dover lavorare:

  1. i livelli elevati e crescenti di rifiuti di imballaggio, dovuti ad un aumento significativo dell’uso di imballaggi a perdere (imballaggi non riutilizzabili, come la plastica monouso) e delle tendenze nel commercio al dettaglio (reti di distribuzione più grandi, linee di imballaggio ad alta velocità) che non incentivano il riutilizzo”
  2. gli ostacoli alla circolarità da imballaggio: questi, come indicato nella valutazione d’impatto, “derivano da un maggiore utilizzo di caratteristiche di progettazione degli imballaggi che ostacolano il riciclaggio, una maggiore contaminazione incrociata dei flussi di riciclaggio compostabili (ad esempio plastica compostabile e convenzionale), sostanze pericolose negli imballaggi, etichettatura confusa degli imballaggi, gestione dei rifiuti e sistemi di riutilizzo che non sono economicamente efficienti.
  3. i bassi livelli di assorbimento del contenuto riciclato negli imballaggi in plastica: ciò significa che “il materiale riciclato è di qualità e funzionalità inferiori rispetto al materiale originale”, per cui, nel più classico dei circoli viziosi, si preferisce fare ricorso alle materie prime vergini piuttosto che a quelle riciclate.

Inoltre, la valutazione d’impatto ha portato alla luce ulteriori due fattori critici, che potrebbero ostacolare, o addirittura bloccare, i processi circolari, e sono: il fallimento del mercato ed il fallimento normativo.

Quanto sopra, fa emergere la complessità delle questioni indicate, non risolvibili facilmente e che “non possono essere affrontate solo con misure nazionali”, come si legge nella valutazione d’impatto.

Nascono così possibili soluzioni e l’individuazione di tre opzioni politiche che affrontano tutti i problemi definiti: queste riguardano obiettivi di riduzione dei rifiuti, obiettivi di riutilizzo per gli operatori di determinati settori, misure per aumentare la riciclabilità, obiettivi per il contenuto riciclato negli imballaggi di plastica, sistemi di deposito cauzionale obbligatori e regole di etichettatura per facilitare la raccolta differenziata da parte dei consumatori.

Sotto indicate le opzioni politiche proposte:

  • migliore standardizzazione e requisiti essenziali più chiari
  • obiettivi obbligatori e requisiti più severi
  • obiettivi e requisiti di vasta portata

Per ognuna di queste opzioni la valutazione d’impatto calcola gli effetti sulla prevenzione e il riutilizzo, sulla riciclabilità e la compostabilità, sul contenuto riciclato e sulle misure di abilitazione.

Attualmente, l’opzione politica preferita è la seconda, ossia porre obbiettivi obbligatori e requisiti più severi agli Stati membri, ma crea perplessità la mancanza di misure di monitoraggio nel documento di valutazione d’impatto, in quanto fa pensare che questa abbia solamente il fine di indicare la modalità, ma di lasciare carta bianca ai singoli stati, confusi dalla complessa e delicata gestione del regolamento sugli imballaggi.